Verità aziendale n°4 e come usarla per avere successo #PerceptionIsReality

Adoro la matematica. È affascinante pensare che la mente umana sia capace di costruire interi mondi, dominati da regole ferree e logiche, basati sull’osservazione della realtà. La matematica è un linguaggio, un insieme di regole e simboli (nè più, nè meno, di un alfabeto) per descrivere un qualcosa. Se ci pensate, i numeri non esistono, sono una convenzione (ci siamo messi d’accordo che 1 è 1, 2 è 2…). Allo stesso modo, il simbolo “+”, la radice quadrata, la derivata… sono convenzioni create per dare logica alle operazioni che facciamo (anche qui, ci siamo messi d’accordo che 1+2=3). Convenzioni, non verità assolute. Oggi voglio riflettere sull’approccio che la matematica offre rispetto a queste convenzioni, e tracciare un parallelo con la nostra vita, specialmente per ciò che riguarda i rapporti con le persone, che sono la chiave del successo nelle grandi aziende.

Ci sono due concetti in particolare che mi hanno sempre affascinato ma che solo ora ho collegato ad un aspetto molto più profondo del nostro approccio alla vita e che, già oltre 20 anni fa, avrebbero potuto insegnarmi tantissimo su me stesso e su come approcciare il mondo che mi circonda per essere in controllo e avere più successo.

Se li trovate noiosi, passate pure alla conclusione, ma prometto di descriverli in modo semplice e comprensibile 🙂

I numeri immaginari e Il senso delle Distribuzioni

Quando alle medie (almeno in Italia) si studiano per la prima volta gli operatori esponenziali (tipicamente si parte da n al quadraton alla seconda), una delle sacrosante verità che vengono insegnate in modo dogmatico da molti docenti è la seguente: Nessun numero, al quadrato, può dare come risultato un numero negativo. Ed è logico che sia cosi: se è vero che un numero al quadrato è il prodotto di quel numero per sè stesso (n*n) allora ho 2 possibilità: se n è positivo, ho il prodotto di due numeri positivi (che chiaramente è positivo), se negativo, ho il prodotto di due numeri negativi (che, secondo la convenzione, è anch’esso positivo). In entrambi i casi, il risultato è positivo quindi il nostro dogma è vero.

Vero? O no?

Beh, è vero se accettiamo le convenzioni (regole) della matematica che portano a quella conclusione. Per oltre 1500 anni, questo è stato un dogma assolutamente inattaccabile.

Nel 16mo secolo un italiano, Niccolò Tartaglia, introdusse un nuovo concetto: il numero immaginario. La definizione di numero immaginario è semplicissima: è un numero che, elevato al quadrato, dà -1. BOOOOM! Tartaglia ha fatto la cosa più semplice (e, per nerd matematici come me, elegante) del mondo: ha creato un dogma che definisce la cosa che l’altro dogma nega. L’ha usata per risolvere equazioni che prima non potevano essere risolte e, ovviamente, il tutto funzionava alla perfezione!

Concetto: Tartaglia ha NEGATO il dogma precedente, ne ha creato uno opposto e ha avuto ragione.

All’università ho fatto 3 corsi di analisi matematica. In Analisi 1 si studiano concetti che, in larga parte, si sono già visti alle superiori. Il focus del mio corso erano derivate ed integrali, che sono operazioni matematiche che si applicano alle equazioni.

Ricordo come se fosse ieri quando la mia professoressa ci spiegava il teorema fondamentale del calcolo integrale(pronunciatelo, ha un suono marziale, epico, la parola fon-da-men-ta-le è come un tamburo): in esso si afferma che per calcolare l’integrale di un’equazione, nel suo dominio, ci deve essere continuità assoluta di tale equazione (ovvero, banalmente, se tracciate una riga che disegna l’equazione, la penna non deve staccarsi dal foglio).

Dopo 3 ore di dimostrazione rigorosamente logica alla lavagna, la professoressa arriva alla conclusione che effettivamente, se la linea non è continua, non si può calcolare l’integrale. Meno male, il teorema è salvo! Ripeto: abbiamo DIMOSTRATO LOGICAMENTE che NON È POSSIBILE fare l’integrale se la linea non è continua. Qui siamo oltre il concetto di dogma, qui è IMPOSSIBILE CHE NON SIA COSI perchè l’abbiamo appena dimostratò. Bene, passo Analisi 1 (con 24 :)) e Analisi 2 (con 26 :)) e poi, al terzo anno, arriva Analisi 3. Il professore, un personaggio con una barba importante, molto serio, che pensavamo fosse un’evoluzione del T1000 di Terminator, alla SECONDA LEZIONE, dice “ricordate in analisi 1, quando vi è stato detto che una linea non continua non può essere integrata? Bene, ora vi spiego come fare a integrare una linea non continua”.

COSAAAAAAA????? Sono DUE ANNI che tutti dicono, e l’abbiamo anche dimostrato!!!!! Che non si può fare!!!!!!

Cosa fa il buon T1000? CREA un dominio, che chiama “distribuzioni”, che è simile a quello dei numeri reali (ovvero il dominio in cui la regola di prima vale) in tutto TRANNE che per il fatto che QUi SI PUÒ INTEGRARE UNA LINEA NON CONTINUA. Pazzesco!

Ci ha umiliati integrando le più classiche equazioni che, fino a quel momento, erano “non integrabili”.

Anche qui, concetto: non è possibile integrare? Bene, creo un intero mondo (concettuale) in cui valgono tutte le regole che valevano prima, tranne questa. E procedo.

Conclusione

In Office of Cards parlo molto di come la percezione di una cosa sia, per molti, la realtà della cosa stessa. Pensate a quante situazioni nella vostra vita sono determinate da percezioni che voi avete della realtà, preconcetti, dogmi che qualcuno vi ha inculcato o che si sono infilati nella vostra testa di nascosto e magari non ve ne rendete nemmeno conto. Questi dogmi determinano il vostro comportamento, rendendovi schiavi (spesso inconsapevoli) di modi di pensare e vedere il mondo che, spesso, limitano le vostre possibilità di successo.

Quante (e quali) cose fate senza alcun preconcetto?

  • Io non sono portato per fare questa cosa (scegliete voi quale cosa). → chi l’ha detto? Prova, ma sul serio, e poi vediamo se è vero.
  • Io non riesco a svegliarmi presto al mattino. → metti la sveglia alle 6 come faccio io e alzati. Non sarà piacevole, ma in una settimana prendi il ritmo e poi diventa normale. Il corpo umano è molto più adattabile di quello che pensiamo.
  • Io quella persona non posso proprio vederla. → perchè? Cosa ti ha fatto? Ti sei mai chiesto cosa vede (o sente) quella persona? Che problemi ha? Perchè si comporta cosi? Magari è bene provare a mettersi nei suoi panni prima di giudicare.
  • A me la verdura non piace. → questa dovevo metterla 🙂 non ho mangiato verdura per 38 anni, poi 5 mesi fa ho detto: SEI PATETICO, e ho iniziato a mangiare verdura. E non solo la mangio, mi piace pure!

Riflettete bene sul perchè (#AskWhy) di tutto ciò che fate e, se non trovate motivi logici, fate come Tartaglia e, un bel giorno, NEGATE IL DOGMA e comportatevi di conseguenza.

Provate a pensare a quante situazioni di frizione avete avuto nei rapporti con colleghi, parenti e amici, che sono state causate da malintesi invece che da odio viscerale nei vostri confronti (spesso quando si litiga ci si focalizza di più sulla litigata in sè che non sul problema che causa la lite, e questo fa durare le liti molto più a lungo e le rende molto più accese).

È rarissimo che la persona che vi sta di fronte vi odi in modo dogmatico (ovvero che non ci sia motivo logico per cui ci sia astio nei vostri confronti), tuttavia, spesso, vediamo il mondo così: se una persona ci manca di rispetto tendiamo a pensare che evidentemente non le andiamo a genio e ci comportiamo di conseguenza (contrattaccando, reagendo in modo brusco, di fatto dando all’altra persona un motivo ulteriore per comportarsi come si sta comportando) dando per scontato che è così e non possiamo cambiare quello che l’altra persona pensa di noi.

Se invece facessimo un passo indietro e, invece che reagire istintivamente, cercassimo prima di capire perchè l’altra persona ci attacca… forse vedremmo il mondo (e noi stessi) con occhi diversi e forse, forse!, quel comportamento potrebbe avere senso, e allora, forse!, potremmo risolvere la questione senza contrattaccare, ma spiegando il perchè delle nostre parole o azioni.

Provate a fare questo giochino, come il mio professore di Analisi 3: immaginate un mondo in cui è tutto uguale a oggi, TRANNE il fatto che non andate a genio a quella persona, e agite di conseguenza. Davvero non avete idea di quante situazioni io abbia risolto con questo trucchetto, sia nei rapporti umani, sia anche nei confronti di problemi di lavoro che quotidianamente affronto. Mettere in discussione le premesse PAGA SEMPRE MOLTO DI PIÙ che mettere in discussione le conclusioni.

Infine, se volete influenzare una persona e portarla dalla vostra parte, dovete agire sulla SUA percezione della realtà, non sulla VOSTRA (#BeOtherCentric). Dovete vedere il mondo con gli occhi dell’altro e calibrare ciò che dite e fate in funzione di quei parametri.

Accettare che nulla è come è ma tutto è come lo vediamo, e che ciascuno vede le cose in modo molto diverso, è una chiave di volta fondamentale nell’arte della gestione delle relazioni umane (e animali, se volete addestrare un cane dovete parlare il suo linguaggio, non il vostro), che a sua volta è l’aspetto di base su cui è costruito il successo nelle grandi aziende e nei rapporti con le persone che ci stanno vicino tutti i giorni.

Nel libro analizzo questo aspetto molto più in profondità, ma volevo condividere con voi questa riflessione dopo aver collegato questi concetti che ho imparato parecchi anni fa e che insegnano una profonda lezione di vita: il mondo non è com’è, è come noi scegliamo di vederlo. E chi riesce a vederlo da diversi punti di vista VINCE.

Come sempre, per condividere le vostre esperienze e commenti mi trovate sui profili LinkedInTwitter e Facebook!

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